[ITA] Wearable: quando la pubblicità bussa sulla nostra pelle.

Wearable pubblicità

“In 400 ft turn left”

Con una leggera vibrazione sul polso, Google mi avvisa che a breve dovrò girare a sinistra. E ad ogni vibrazione, corrisponde un’indicazione.

Un mondo a portata di… polso

Con Android Wear si può fare anche questo. Sempre con il proprio smartphone in tasca, è possibile parlare al proprio smartwatch e chiedere indicazione stradali su come raggiungere, a piedi o alla guida, una destinazione. Voi direte, ma cosa ci perdo a tirare fuori il telefono e seguire le indicazioni direttamente da li?

Teoricamente niente, è questione di mezzo sforzo in più, ma in effetti, specialmente quando fa freddo, non è male dare una rapida occhiata al polso e capire da che parte svoltare. Siamo abituati a sforzarci sempre meno grazie alla tecnologia, e anche questo nuovo giocattolo aiuta.

Manca poco all’arrivo ed una vibrazione finale mi avvisa che la mia destinazione è alla mia destra. Semplice, comodo e davvero futuristico.

Devo dire che la prima volta che ho usato il mio smartwatch per chiedere indicazioni, oltre a sentirmi un pazzo che parla con l’orologio, mi sentivo dentro un telefilm anni 80′. Ora non solo Michael Knight poteva parlare con KITT: finalmente anche io avevo Google a servire ogni mia richiesta (o quasi).

Ho iniziato quindi i test tipici di chi ha un nuovo gioco tra le mani: “Ok Google, che tempo fa la prossima settimana?” Ed ecco il meteo della settimana direttamente sul quadrante; “Ok Google, ricordati di passare al negozio … a prendere i pantaloni da Running” ed ecco sul quadrante la nota salvata..

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Uno smart trainer

Tutto molto bello, smart ed avveniristico. Ora Google mi dice anche quanto manca per raggiungere il mio obiettivo di fitness quotidiano e notifica, attraverso Google Fitche mi mancano 20 minuti per raggiungerlo.

Fantastico, ora so anche quanto è stata la mia attività fisica, senza attivare nulla e vedere le statistiche a portata di polso. Il mio Moto360 è dotato anche di un sensore ottico sul lato posteriore che rileva i battiti cardiaci. Attraverso l’app Motorola Connect è possibile monitorare la tua attività fisica per circa due settimane ed effettuare una media della tua attività fisica per prevedere e monitorare quella futura.

Wearable- quando la pubblicità wearable dati attività

Big Brother

Un giorno, ho notato che il rilevatore ottico sotto l’orologio pulsava con la sua luce rossa ad intermittenza e stava, come da programma, monitorando il mio battito cardiaco in un momento random della giornata.

Che figata! Ho pensato in un primo momento. Ma un attimo dopo mi sono sentito come violato della privacy per la prima volta. Solitamente siamo noi che con un click, un tap o una mail, autorizziamo più o meno consciamente ad accedere ad i nostri dati. Siamo ormai abituati a condividere tutto con tutti. La nostre foto, la nostra posizione, i nostri pensieri.

Ma stavolta, era il mio orologio, sul mio polso che aveva deciso di sentire il mio battito. Ok, questo forse non è più molto bello.

Il fatto che ora, anche qualcosa che indossiamo, può monitorare e salvare il nostro dato più intimo, come il battito del cuore, e salvarlo in un server chissà dove, deve farci pensare su dove sta andando la tecnologia, ma soprattutto la nostra privacy.

E’ vero che la tecnologia aiuta la nostra vita e facilita una serie di processi, spesso gratis, ma il costo è sempre più caro e l’utilizzo che ne viene fatto sempre più mirato.

Apple Touch ID, ad esempio, è senza dubbio una delle invenzioni più rivoluzionarie degli ultimi anni. Possiamo sbloccare il telefono, comprare e pagare semplicemente usando le nostre impronte digitali ed un NFC. E’ innegabile la comodità e la rivoluzione dietro questa tecnologia. Ma il problema non è l’innovazione in sé, quanto i dati che questi nuovi Giganti riescono ad avere.

Il nostro battito cardiaco e le nostre impronte digitali. Fino a 10 anni fa se qualcuno ci avesse chiesto di fornire questi dati gratis lo avremmo preso per pazzo, ma ora gli abbiamo barattati in nome della tecnologia (o della comodità?)

Walking Target

Ma a cosa servono tutti questi dati? I cosiddetti Big Data, ovvero l’enorme mole di dati, immagazzinati, processati e studiati servono ovviamente a sapere quante più informazioni possibili su di noi. Lo scopo principale è, ovviamente, renderci sempre più appetibili per pubblicità e advertising mirato, sempre più costruito intorno a noi.

Tutto ciò è necessariamente un male? No. Il fatto che ci vengano proposte pubblicità o annunci sempre più in linea con i nostri gusti non è di per sé niente di “pericoloso”. Potrebbe esserlo solo se questi dati fossero nella mani sbagliate, ma giganti come Facebook, Apple e Google hanno più volte evidenziato quanto importanti siamo per loro le nostre informazioni, e quindi anche la loro sicurezza. Anche se non sono mancati episodi di hacking dove i nostri dati sono stati rubati.

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Are you ok?

Detto questo, in cosa si traduce per altre società avere dati sempre più profilati su di noi?

Prima ho fatto l’esempio del rilevatore di battiti cardiaci e di come, società come Apple e Google, ora possano sapere anche lo stato della nostra salute e, di conseguenza, rivendere queste informazioni a multinazionali del settore Farmaceutico, le quali, sanno quando e quanto avremmo bisogno di un farmaco. Se, ad esempio, soffriamo di alta pressione, potrebbero proporci un farmaco ad hoc, o la multinazionale del Food, potrebbe proporci alimenti dietetici a basso contenuto di colesterolo.

Ma anche grossi nomi come Nike, sapendo che abbiamo bisogno di attività fisica, possono sapere quanto e quando farci muovere (vedi l’app Running) e proporci scarpe e vestiti in base al nostro sport preferito.

Qui si apre un altro punto delicato: la geolocalizzazione. Quante delle app installate sul telefono funzionano sempre in background? Parecchie.

Google Now grazie a questo riesce sempre a segnalarti il meteo locale, i mezzi di trasporto disponibili e calcolare il tempo per uno spostamento, con i mezzi, a piedi o in auto. Google Now è probabilmente l’esempio più significativo e moderno di come questi Big Data, combinati possano fornire informazioni altamente dettagliate e customizzate.

I know you..

Ora che questi grossi player conoscono tutto di me e si muovono attaccati al mio polso, si apre un nuovo scenario.

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Se stiamo camminando per strada, in base alla mia posizione, un negozio può inviarmi notifiche push, segnalandomi un paio di scarpe, in offerta, adatte allo sport che ho praticato due giorni prima, nel momento in cui più mi servono (ad esempio dopo 60 chilometri di corsa macinata :-))

Pochi metri più in là tocca ad un negozio di integratori: Il mio storico cardiaco mostra che sono uno sportivo e, forse, degli integratori aiuterebbero le mie performance. Forse un 10% di sconto potrebbe spingerti all’acquisto: right time, right place. Ed basterebbe una vibrazione al nostro polso per catturare la nostra attenzione e visualizzare il messaggio pubblicitario.

Il fatto che ora giriamo con un smartwatch al polso è davvero qualcosa che ci serve? Serve davvero a facilitare la nostra vita?

Forse. Ma potrebbe essere ancora più utile per sapere come poterci coinvolgere sempre più personalmente nel processo d’acquisto. In una parola: MARKETING.